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Con il termine nebulose (nebulae in latino) si intende una larga collezione di oggetti non stellari presenti nella nostra galassia, alcuni dei quali osservabili da Terra anche con telescopi amatoriali. Si tratta di grandi formazioni di polveri e gas, principalmente idrogeno, che si trovano nello spazio interstellare e che possono risultare visibili sia perché riflettono la luce delle stelle, sia perché, sempre grazie all'azione delle stelle stelle giganti che si trovano in loro prossimità, emettono per proprio conto radiazioni su varie lunghezze d'onda.
Bisognerebbe, in realtà, operare una distinzione più precisa tra i vari tipi di nebulose, in quanto la loro natura, sia per origine che per evoluzione, può differire anche grandemente da un tipo all'altro. Nella categoria, molto generalistica, delle Nebulose Diffuse si trovano tutte quelle formazioni visibili sia per riflessione della luce proveniente da stelle vicine sia per emissione, in quanto le molecole di gas interstellare viene eccitato dalla radiazioni ad alta energia proveniente dalle stelle nelle loro vicinanze; un fenomeno, per certi aspetti, simile a quello che avviene all'interno dei comuni tubi a fluorescenza.
Tra le altre tipi di nebulose troviamo quelle oscure, composte principalmente da polveri, che non riflettono la luce delle stelle ma, anzi, occultano alla vista intere zone di cielo e le planetarie, la cui origine deve essere ricercata nelle violente esplosioni di stelle giunte alla fasi finali della loro evoluzione, le cosiddette NovaeUna Nova (al plurale Novae) è un'enorme esplosione nucleare causata dall'accumulo di idrogeno sulla superficie di una nana bianca che fa sì che la stella diventi molto più luminosa del solito. La parola Nova può indicare sia la causa del fenomeno sia la stella stessa al momento dell'esplosione. e le molto più violente SupernovaeUna Supernova è un'esplosione stellare più energetica di quella di una nova. Le Supernove sono molto luminose e causano una emissione di radiazione che può per brevi periodi superare quella di una intera galassia.. Il nome "planetarie" a questo tipo di nebulose fu assegnato nei secoli scorsi, in base al loro aspetto e molto prima che fosse compresa la vera natura di questi oggetti; in realtà con i pianeti non esiste alcuna connessione.






MESSIER 1 (M1) TAU - NGC 1952
(CRAB NEBULA)

 



Messier 1 è una delle nebulose più famose di tutto il cielo, considerata come uno dei prototipi delle Nebulose Planetarie e dei residui di esplosione di SupernovaUna Supernova è uno degli eventi più energetici dell'intero Universo e interessa stelle molto massiccie giunte allo stadio finale della loro storia evolutiva. Gli squilibri energetici e le elevatissime temperature che si generano all'interno della stella vanno in conflitto con la potente pressione gravitazionale, generando una potentissima esplosione che coinvolge fino agli strati più profondi della stella..
È stata generata infatti dall'esplosione di una stella, una Supernova appunto, che fu osservata nell'anno 1054 dagli antichi astronomi cinesi, giapponesi e dai nativi americani. Particolarmente interessanti sono le trascrizioni delle osservatori cinesi che hanno permesso di identificare la posizione in cielo della stella, quelle che seguono sono state tratte dal Burnham's Celestial Handbook, 1978.

Dal Sung Shih (annali della dinastia Sung), Cina, anno 1054 DC:

Nel primo anno del periodo Chih-ho, la quinta luna, il giorno del chi-ch'ou, una Stella Ospite apparve a circa qualche centimetro a sud-est di Tien-Kuan. Dopo più di un anno è diventato gradualmente invisibile


Dal Sung hui-yao di Chang Te-hsiang, Cina, anno 1056 DC:

Durante il terzo mese del primo anno del periodo del regno di Chia-yu, il direttore dell'ufficio astronomico disse: la Stella Ospite è diventata invisibile, il che è presagio della partenza dell'Ospite. In origine, durante il quinto mese del primo anno del periodo del regno di Chih-ho, apparve la mattina a est a guardia di Tien-Kuan. Era visibile di giorno come Venere, con raggi appuntiti in tutte e quattro le direzioni. Il colore era bianco-rossastro. Fu visto del tutto per ventitré giorni


10/08/2019 03:11 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Da altre cronache risulta che questa "stella ospite" brillava probabilmente quanto la Luna piena e che scomparve nell'aprile del 1056; gli osservatori dell'epoca riferiscono che questa "nuova stella" fu visibile durante il giorno per 23 giorni consecutivi e permase nel cielo notturno per altri 653 giorni consecutivi (quasi due anni). Altre testimonianze importanti sono anche quelle grafiche dell'evento, come le pitture rupestri opera degli indios Anasazi rinvenute nei Navaho Canyon e White Mesa, in Arizona (USA), così come quelle nel Chaco Canyon National Park nel Nuovo Messico (USA). Stranamente non ci sono registrazioni dell'evento da parte di osservatori europei ma questo potrebbe essere dovuto al particolare periodo storico in cui avvenne. Dopo quasi un migliaio di anni, quello che rimane del cataclisma stellare è un oggetto nebulare chiamato Crab Nebula e incluso da Charles Messier(1730 - 1817) Astronomo francese, famoso per aver compilato un catalogo di 110 oggetti, contenente alcune delle nebulose e ammassi stellari più appariscenti di tutto il cielo, che porta il suo nome; pubblicato per la prima volta nel 1774, nelle intenzioni dell'autore il catalogo doveva essere di aiuto ai cacciatori di comete, come lo stesso Messier, a distinguere gli oggetti dall'apparenza diffusa ma fissi nel cielo, che potevano essere scambiati per comete. come primo oggetto del suo famoso catalogo nel 1774, anche se in realtà la nebulosa era stata individuta da John Bevis(1695 - 1771) Astronomo inglese, famoso per aver individuato per primo la Nebulosa del Granchio. nel 1731; il nome "Nebulosa del Granchio" (Crab Nebula) gli fu attribuito in seguito da Lord Rosse(1800 - 1867) William Parsons, III conte di Rosse, noto anche come Lord Rosse è stato un astronomo irlandese, famoso principalmente per aver costruito il telescopio chiamato Leviatano di Parsonstow nel 1847 di 182 centimetri di diametro, che rimase per molti anni il più grande del mondo. Grazie a esso riuscì a effettuare una grande quantità di scoperte.


La pittura rupestre del Chaco Canyon, opera degli indios Anasazi, che ritrae la Luna assieme a Supernova del 1054.







Distante circa 6.500 anni luce dalla Terra, la Crab Nebula ha un diametro di circa 5,5 anni luce e si sta espandendo alla velocità di 1.500 km al secondo. I filamenti che avvolgono la parte centrale della nebulosa sono ciò che resta dell'atmosfera della stella progenitrice e sono composti per la maggior parte di idrogeno ed elio ionizzati, insieme a piccole percentuali di carbonio, ossigeno, azoto, ferro, neon e zolfo; la loro temperatura oscilla tra gli 11.000 e i 18.000 Kelvin.
La parte centrale presenta abbondanze anomale di elementi in zone particolari, come una regione di forma toroidale composta di elio puro e in altri punti concentrazioni anomale di ferro e nickel.


17/10/2017
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD ATIK 16 IC raffreddata esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1.
(foto Massimo Dionisi)







L'esplosione che generò la nebulosa fu violentissima e ne fu vittima una stella gigante o supergigante avente una massa di molte volte maggiore di quella del Sole. Di questa sventurata stella rimane solo una piccola e superdensa stella di neutroni, del diametro di soli 30 km, che emette impulsi sull'intero spettro elettromagnetico in maniera estremamente regolare ogni 33 millisecondi. Un oggetto del genere viene definito pulsar ed emette onde radio, raggi X ed un potentissimo flusso di raggi gamma; la pulsar ruota sul suo asse con un periodo uguale alle pulsazioni ed è dotata di un fortissimo campo magnetico che concentra ed orienta le radiazioni in fasci ben definiti. In sostanza una pulsar si comporta come un faro cosmico che mostra un graduale rallentamento del periodo di rotazione e quindi un allungamento degli intervalli tra gli impulsi elettromagnetici; questo rallentamento genera una quantità enorme di energia che va ad alimentare l'effetto di radiazione di sincrotrone che avviene all'interno del campo magnetico della pulsar, dove gli elettroni sono costretti a viaggiare a velocità vicine a quella della luce.


Rappresentazione schematica di una pulsar: la sfera azzurra al centro rappresenta la stella di neutroni, le curve bianche indicano le linee del campo magnetico, i coni sporgenti rappresentano i raggi di emissione delle radiazioni elettromagnetiche e la linea verde rappresenta l'asse su cui ruota la stella. (Image by Wikipedia)







Rappresentazione grafica dello spaccato di una tipica stella di neutroni (Immagine da Wikipedia).
Una tipica stella di neutroni ha un diametro di 20 km e una massa cha da un minimo di 1.4 volte quella del Sole a 3 volte quella della nostra stella; con una massa inferiore sarebbe divenuta una nana bianca, con una superiore un buco nero. La rotazione è quasi sempre molto rapida: la maggior parte delle stelle di neutroni ruota con periodi da 1 a 30 secondi ma alcune arrivano a pochi millesimi di secondo.
La materia in superficie dovrebbe essere composta da nuclei ordinari ionizzati, iniziando però a scendere in profondità si incontrano nuclei con quantità sempre più elevate di neutroni. Questi nuclei in condizioni normali decadrebbero rapidamente, sono qui invece tenuti stabili dall'enorme pressione.
Ancora più in profondità si trova una soglia sotto la quale i neutroni liberi si separano dai nuclei e hanno un'esistenza indipendente: in questa regione si trovano nuclei, elettroni liberi e neutroni liberi. I nuclei diminuiscono andando verso il centro, mentre la percentuale di neutroni aumenta. La natura esatta della materia superdensa che si dovrebbe trovare al centro non è stata ancora ben compresa.






Carta di riferimento per la nebulosa planetaria Messier 1, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.






MESSIER 8 (M8) SGR - NGC 6523
(LAGOON NEBULA)

 

img/nebula/

Chiamata amche Nebulosa Laguna questo meraviglioso oggetto si trova nella costellazione del Sagittario ad una distanza che rimane ancora oggi incerta, compresa comunque tra i 4.100 e i 6.000 anni luce.
Scoperta dall'italiano Giovanni Battista Hodierna(1597 - 1660) Astronomo, architetto e presbitero italiano. Dimostrando una naturale passione e inclinazione per l'astronomia, fu educato da frati francescani e ordinato sacerdote nel 1622. Nel frattempo aveva già osservato ben tre comete dalla sua città natale di Ragusa grazie a un cannocchiale galileiano. Scoprì numerosi oggetti celesti come galassie e nebulose e compì importanti studi sul movimento dei satelliti galileiani di Giove., intorno al 1645, fu riosservata da John Flamsteed (1646 - 1719) Astronomo inglese, primo astronomo reale d'Inghilterra e fondatore dell'Osservatorio Reale di Greenwich. Osservatore attento e diligente compilò un catalogo di circa 3000 stelle ed eseguì molte osservazioni del Sole e della Luna, importantissime per quei tempi. È ben nota la collaborazione data da lui a Isaac Newton, il quale, sia pure attraverso contrasti e attriti, da lui ebbe molte delle osservazioni che gli servirono a convalida delle sue successive conclusioni teoriche. nel 1680 e da Guillaume Le Gentil(1725 - 1792) Astronomo francese, scoprì quelli che oggi conosciamo come oggetti di Messier M32, M36 e M38, come anche la nebulosa in M8, e fu il primo a catalogare la nebulosa oscura chiamata anche Le Gentil 3 (nella costellazione del Cigno). Tuttavia, egli è ricordato prevalentemente per la sorte avversa che si abbatté su di lui quando decise di osservare il transito di Venere del 1761 a Pondicherry, una colonia francese in India. nel 1747. Charles Messier la aggiunse nel suo catalogo di oggetti non stellari nel 1764 come ottavo oggetto.
Le dimensioni apparenti di questa nebulosa sono di circa 90 x 40 minuti d'arco che potrebbero corrispondere, assumendo una distanza di 4.100 anni luce, a dimensioni reali pari a 110 x 50 anni luce. Al suo interno si trova numerosi oggetti molto particolari, come l'ammasso stellare aperto NGC 6530, visibile anche nell'immagine come un denso raggruppamento di stelle proprio alla sinistra della parte centrale e più luminosa della nebulosa. Si possono poi trovare anche numerose stelle variabili, ovvero stelle che cambiano di luminosità nel tempo, come la V5631 SGR una variabile a eclisse stella doppia le cui componenti sono normalmente così ravvicinate tra di loro da non poter essere separate con l'osservazione telescopica e il cui piano orbitale delle due stelle si trova così ben allineato con la linea di vista dell'osservatore che le due componenti mostrano eclissi reciproche del tipo Beta Persei (Algol) con escursione di luminosità di 0.11 magnitudini e periodo pari a 4.5 giorni.


22/08/2020
Telescopio Rifrattore Acromatico SkyWatcher Startravel 120, diametro 120mm e lunghezza focale 600mm (f/5)
Montatura Vixen Super-Polaris
Fotocamera Canon EOS 2000D, 8 esposizioni da 30 secondi ognuna a 6400 ISO.
(foto Massimo Dionisi)







In realtà gli oggetti che si nascondono all'interno della Nebulosa Laguna sono molti di più, tutti estremamente interessanti e collegati gli uni agli altri nella catena evolutiva stellare. Si trovano ad esempio i Globuli di Bok, piccole nebulose oscure di materiale protostellare (gas e polveri) in fase di collasso da cui potranno nascere nuove stelle e relativi sistemi planetari; questi hanno un diametro medio di circa 1.500 miliardi di km, equivalenti a circa 1/6 di anno luce o 60 giorni-luce. Abbiamo poi gli affascinanti oggetti Herbig-Haro, altra manifestazione dei processi di formazione stellare, in cui stelle neonate proiettano materia ad altissima velocità nello spazio circostante e che va ad interagire con i gas e le polveri interstellari.


20/06/2020 21:13:53 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







In questa immagine la Nebulosa Laguna è stata ripresa con un telescopio di tipo newtoniano del diametro di 250 millimetri e lunghezza focale pari a 1.200 millimetri, con una apertura relativa pari quindi a f/5. Malgrado il diametro maggiore, questo strumento mette a disposizione un campo inquadrato nettamente superiore rispetto a uno strumento aperto a f/10, come si evince chiaramente dal confronto diretto tra le due foto del 2020 e del 2022.


21/05/2022 23:33 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 55 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 8, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.






MESSIER 16 (M16) SER - NGC 6611
(EAGLE NEBULA)

 

img/nebula/

Messier 16 è nota anche come Nebulosa dell'Aquila (Eagle Nebula) e si trova probabilmente ad una distanza di circa 5.700 anni luce, in una regione della nostra galassia più interna rispetto a quella che occupa il Sole, in uno dei bracci a spirale chiamato Braccio del Sagittario. Con dimensioni reali di 70 x 55 anni luce, la nebulosa condivide lo spazio con un giovanissimo ammasso stellare aperto, la cui età si stima non superiore ai 2 milioni di anni. La nebulosa è la causa della presenza dell'ammasso stellare, in quanto proprio all'interno di Messier 16 avvengono i processi di creazione delle stelle.
Al centro della nebulosa si possono osservare delle piccole protuberanze che, osservate attraverso il telescopio spaziale Hubble, si sono rivelate essere regioni di intensa formazione stellare; sono stati chiamati Pilastri della Creazione (Pillars of Creation) e sono composte da idrogeno e polveri: si tratta di vere e proprie incubatrici di stelle neonate o protostelle. All'interno e sulle regioni esterne dei Pilastri sono stati trovati dei globuli o noduli composti da gas molto più denso delle zone circostanti; all'interno di questi noduli si stanno formando le nuove stelle. L'ammasso stellare associato alla nebulosa, avente numero di catalogo IC 4703 è composto almeno da 8.100 stelle, alcune delle quali con massa 80 volte superiore a quella del Sole.


21/05/2020 23:00 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione 20 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Le prime osservazioni di questo oggetto sono da attribuire all'astronomo svizzero Jean-Philippe Loys de Chèseaux(1718 - 1751) Astronomo svizzero, nel 1746 presentò una lista di nebulose, otto delle quali da lui scoperte, all'Accademia Francese delle Scienze. Fu il primo a formulare, in termini moderni, quello che sarebbe poi stato chiamato il Paradosso di Olbers nel 1746, egli viene quindi considerato come suo scopritore anche se con il suo telescopio sembra avesse individuato solo l'ammasso stellare: nei suoi appunti cita infatti un ammasso di stelle, posizionato tra le costellazioni del Serpente e del Sagittario.
Charles Messier lo riosservò nel 1764 e lo descrisse come un oggetto nebuloso risolvibile nella zona centrale, mentre le aree esterne restavano nebulose; di fatto aveva quindi individuato per la prima volta la nebulosità associata all'ammasso, la Nebulosa Aquila. Stranamente non vi sono tracce di osservazioni o descrizioni da parte di William Herschel(1738 - 1822) Astronomo, fisico e compositore tedesco naturalizzato inglese. Il padre, musicista della fanteria hannoveriana, riuscì a trasmettere la passione per la musica a tutti i figli, tranne la primogenita. A quattordici anni, ultimati gli studi presso la scuola della guarnigione, William entrò a far parte della banda del padre e, poco dopo lo scoppio della guerra dei sette anni, lasciò il servizio militare per emigrare con il fratello Jacob in Inghilterra. Qui, in pochi anni, riuscì a conquistarsi una solida reputazione come solista e insegnante di musica. Da autodidatta, iniziò lo studio dell'astronomia e, nel 1776, cominciò a costruire i suoi primi telescopi. Nel 1781 scoprì il pianeta Urano e compì degli studi fondamentali sulla distribuzione delle stelle e sulla forma della nostra galassia. Scoprì inoltre anche due dei satelliti di Urano, Titania e Oberon, e due lune di Saturno: Mimas ed Encelado., mentre suo figlio John Frederick William Herschel(1792 - 1871) Astronomo, matematico e chimico inglese. Fu il primo a utilizzare il calendario giuliano in astronomia e portò importanti contributi al miglioramento dei procedimenti fotografici del periodo (dagherrotipia, calotipia e antotipia), scoprendo la proprietà del tiosolfato di sodio, al tempo iposolfito di sodio, nel fissaggio dell'immagine. Coniò inoltre i termini fotografia, negativo e positivo. fece invece riferimento a essa come una nube con un ammasso formato da un centinaio di stelle.
Più tardi anche l'ammiraglio William Henry Smith(1788 - 1865) Ammiraglio e astronomo inglese. Il suo interesse per l'astronomia si accese nel 1817 dopo il suo incontro con l'astronomo italiano Giuseppe Piazzi all'osservatorio astronomico di Palermo. Fu autore di un catalogo di oggetti non stellari che, all'epoca, era il più vasto e dettagliato disponibile. osservò la regione e la descrisse come un oggetto molto bello. Il famoso astronomo e divulgatore francese Camille Flammarion(1842 - 1925) Astronomo e divulgatore francese, autore di più di cinquanta opere, tra le quali guide divulgative popolari di astronomia e romanzi scientifici anticipatori della fantascienza. fu in grado di osservare l'ammasso anche con un piccolo strumento, riuscendo a distinguere pure la nebulosità
La prima foto di questa nebulosa si deve all'astronomo gallese Isaac Roberts(1829 - 1904) Astronomo gallese, pioniere dell'astrofotografia. Fu il primo a rilevare la struttura a spirale della Galassia di Andromeda, grazie a una sua fotografia dell'oggetto. nel 1875 con un telescopio da 50 cm di diametro.


27/04/2022 01:27 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva pari a 120 minuti (2 ore) a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 16, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.






MESSIER 17 (M17) SGR - NGC 6618
(OMEGA NEBULA)

 



La nebulosa Messier 17, nota anche come Nebulosa Omega a causa della sua particolare forma, si trova approssimativamente a 6.000 anni luce dalla Terra, all'incirca nella stessa direzione della Nebulosa Aquila (M16); i due oggetti sembrano in effetti anche collegati fisicamente da un ponte di materiale gassoso lungo qualche centinaio di anni luce, che fa supporre che la maggior parte delle nebulose in quella zona facciano in realtà parte di una gigantesca superbolla di nebulosità molecolare, in cui oggetti come Messier 16 e 17 sono i maggiori addensamenti e dove avviene la formazione di nuove stelle.
Avente una dimensione di circa 70 anni luce, al suo interno si trova un giovane ammasso stellare composto da 35 stelle, parzialmente oscurato dalla polvere interstellare; la forte colorazione rossastra della nebulosa è dovuta all'idrogeno ionizzato dalle potenti radiazioni provenienti dalle stelle giganti dell'ammasso stellare stesso.


18/06/2020 21:22:30 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Anche questa nebulosa risulta essere stata scoperta da Philippe Loys de Chéseaux nel 1746 così come Messier 16, tuttavia la scoperta non fu mai pubblicata e quindi resa pubblica; viene quindi anche questa volta riscoperta indipendentemente da Charles Messier che la indica come una nebulosa molto allungata e simile a quella della Nebulosa di Andromeda, nota oggi come la Galassia di Andromeda o Messier 31. Sia William Herschel che suo figlio John la descrivono come una scia luminosa con un nodo separato, indicando pure che probabilmente parte della nube viene oscurata; l'ammiraglio Smyth le assegna il suo nome proprio, attualmente ancora in uso, di Nebulosa Ferro di Cavallo o Nebulosa Omega a causa della forma che appariva arcuata nella parte settentrionale attraverso le osservazioni visuali. In realtà nelle foto a media e lunga esposizione, come in quella dell'autore pubblicata qui a fianco, l'arco pare scomparire in una diffusa nebulosità rossastra dovuta all'abbondante idrogeno ionizzato che compone la nebulosa.


13/05/2022 00:03 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 55 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 17, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.






MESSIER 20 (M20) SGR - NGC 6514
(TRIFID NEBULA)

 

img/nebula/

Situata nella costellazione del Sagittario (Sagittarius), Messier 20 è anche chiamata Nebulosa Trifida per via dei tre filamenti scuri che partono dal centro verso i bordi. In realtà si tratta di tre differenti tipi di nebulose sovrapposte: una nebulosa oscura formata da polveri interstellari, al di sopra di una grande e brillante nebulosa ad emissione, composta principalmente da idrogeno ionizzato, che le fornisce il caratteristico colore rossastro e, infine, una nebulosa a riflessione di colore bluastro che circonda quella ad emissione.
La nebulosa si dovrebbe trovare a circa 5.200 anni-luce dalla Terra, anche se alcune misurazioni sembrano invece suggerire una distanza di ben 9.000 anni-luce. L'ammasso aperto Messier 21, posizionato in alto nell'immagine e corrispondente al nord-est rispetto alla nebulosa, è composto da una sessantina di stelle e sembra molto giovane, con una età stimata a soli cinque milioni di anni. Come per la nebulosa, anche la distanza dell'ammasso è molto incerta; potrebbe trovarsi a 4.000 anni-luce dal nostro pianeta, in ogni modo molto più vicino della nebulosa stessa.


22/08/2020
Telescopio Rifrattore Acromatico SkyWatcher Startravel 120, diametro 120mm e lunghezza focale 600mm (f/5)
Montatura Vixen Super-Polaris
Fotocamera Canon EOS 2000D.
(foto Massimo Dionisi)







Scoperta, presumibilmente, da Guillaume Le Gentil nel 1747 insieme alla già trattata Nebulosa Laguna, fu però descritta la prima volta da Charles Messier, il quale la inserì nel suo catalogo. William Herschel fu il primo a scoprire le bande oscure che attraversano la nebulosa e la considerò come quattro oggetti distinti, assegnando loro quattro designazioni; il nome "Trifida" le fu invece assegnato dal figlio John Herschel che la osservò, studiandola attentamente, dal Capo di Buona Speranza. L'ammiraglio Smyth non riuscì invece a osservare bene la nebulosità


22/05/2020 23:22 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







È situata, come altre nebulose nella zona, nel Braccio del Sagittario, ovvero il braccio di spirale della nostra galassia immediatamente più interno di quello in cui si trova il nostro Sistema Solare. La luminosa stella posta quasi al centro della nebulosa è anche la più massiccia dell'intera regione ed è identificata con numero di catalogo HD 164492. La sua massa è equivalente a venti volte quella del Sole e di tipo spettrale O7, il che la classifica come una supergigante blu-bianca; si tratta di una stella giovanissima, solo 300.000 anni di età, ed è anche la maggiore indiziata come fonte di illuminazione di gran parte della nebulosa. Nel suo intorno si trovano poi più di tremila altre giovani stelle giganti che formano un grande ammasso stellare la cui età non dovrebbe superare i sette milioni di anni; anche queste stelle contribuisco a a illuminare la nebulosa sia per riflessione sia eccittando i gas di cui è composta, i quali diventano luminescenti.
All'interno della nebulosa, grazie anche a immagini riprese dal Telescopio Spaziale Hubble, sono stati osservate delle piccole e particolari nebulose oscure che possono essere considerate come "embrioni stellari".


20/05/2022 23:21 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 75 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 20, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.











MESSIER 27 (M27) VUL - NGC 6853
(DUMBELL NEBULA)

 



Messier 27 è nota anche come Nebulosa Manubrio oppure come Dumbbell Nebula: si tratta di una nebulosa planetaria situata nella costellazione della Volpetta (Vulpecula) ad una distanza di 1.360 anni luce dalla Terra.
È il residuo dell'esplosione di una stella che avvenne circa 9.800 anni fa; della stella stessa non rimane ora che un piccolo oggetto chiamato nana bianca, venti volte più piccolo del nostro Sole ma con una massa all'incirca pari alla metà di esso e una temperatura altissima. Prima dell'esplosione, la stella era sicuramente molto più massiccia, così gran parte della materia che la componeva è ora dispersa nello spazio ed è visibile come nebulosa. La forma sferoidale di Messier 27 tradisce chiaramente le sue origini ed i meravigliosi colori che mostra sono dovuti alla presenza di diversi elementi ionizzati dalle emissioni di raggi gamma ed ultraviolette provenienti dalla stella centrale. In particolare, il colore blu è generato dalla presenza di ossigeno ionizzato, mentre quello rosso dall'idrogeno ionizzato.


28/05/2020 22:18 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200m e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione 20 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Osservata per la prima volta da Charles Messier nel 1764, fu anche la prima nebulosa planetaria mai scoperta. Tutti gli seguenti e grandi osservatori del passato, a partire da William Herschel passando per il figlio John Herscel, fino ad arrivare all'ammiraglio Smyth e Lord Rosse, non riuscirono però a identificare la sua reale natura.
La nebulosa dista circa 1.360 anni luce dalla Terra e ha una magnitudine apparente pari 7.4m, con un diametro apparente di circa 8 minuti d'arco. La sua forma ricorda quella di uno sferoide prolato ed è vista lungo la linea prospettica del piano equatoriale. Si rintraccia in maniera abbastanza semplice, trovandosi circa tre gradi a nord della stella γ (gamma) Sagittae, di magnitudine 3.5; visibile facilmente anche con un binocolo 10x50, un telescopio da 114mm di diametro è già in grado di mostrare la sua caratteristica principale, una forma che ricorda vagamente quella di una clessidra a causa dei due grossi lobi brillanti che la nube possiede. Con strumenti più potenti è possibile osservare un gran numero di dettagli e sfumature; la stellina centrale, di magnitudine 13.6, viene spesso utilizzata come test per verificare la limpidezza della notte stellata utilizzando telescopi da 200mm di apertura.


30/04/2022 01:03 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 75 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa planetaria Messier 27, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.






NGC 6820 & NGC 6823 VUL

 



A poca distanza da Messier 27 si trova una grande nebulosa, classificata con numero di catalogo NGC 6820, che circonda completamente un ammasso stellare aperto, classificato come NGC 6823.
La nebulosa non è rintracciabile visualmente, né con binocoli e nemmeno attraverso dei telescopi, sono altresì necessari diversi minuti di esposizione con camere CCD o CMOS e un con cielo abbastanza buio, per poterla registrare fotograficamente; anche l'ammasso non è così evidente, per&o` può essere rintracciato visualmente, seppur con qualche difficoltà, con l'ausiolio di telescopi anche abbastanza modesti.
L'intera nebulosa è in realtà una vasta regione di idrogeno ionizzato chiamata regione HIILe regioni H II sono associate a stelle giovani, blu e calde. H II è il termine che indica l'idrogeno ionizzato e le regioni H II sono nubi di gas ionizzato dalla radiazione ultravioletta emessa dalle stelle giovani. Le zone di formazione stellare si trovano infatti sempre in corrispondenza di questo tipo di oggetti nebulosi., che riceve radiazioni ultraviolette e viene quindi eccitata proprio dalle stelle dell'ammasso. La sua estensione apparente è di circa un grado, quindi il doppio delle dimensioni apparenti della Luna Piena come vista a occhio nudo. All'interno della nebulosa avvengono anche dei processi di formazione stellare, come sembrano testimoniare i numerosi agglomerati gassosi visibili nell'infrarosso.


01/06/2022 23:08 UT
Telescopio Newton diametro 250m e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 80 minuti (1 ora e 20 venti minuti) a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa NGC 6820 e l'ammasso stellare aperto NGC 6823 nella costellazione della Violpetta, dal sito Sky Live






MESSIER 42 (M42) ORI - NGC 1976
(GREAT ORION NEBULA)

 

img/nebula/

Visibile anche a occhio nudo nei mesi invernali, con un cielo sereno e privo di inquinamento luminoso, Messier 42 è una delle nebulose più luminose dell'intero firmamento. Ad una distanza di 1.344 anni-luce dalla Terra è la regione dove nascono le stelle più vicina al nostro pianeta; si estende nello spazio interstellare per circa 24 anni luce e ha una massa equivalente a 2.000 volte quella del nostro Sole.
Vista dalla Terra, le dimensioni apparenti equivalgono approssimativamente a un grado, circa il doppio della dimensioni apparenti della Luna Piena vista ad occhio nudo. Al suo interno si trovano diverse nubi di gas e polveri, associazioni stellari, regioni di idrogeno ionizzato e almeno 150 dischi protoplanetari. Il numero totale di zone interessate al processo di formazione stellare all'interno di Messier 42 è approssimativamente pari a 700.
Nell'immagine dell'autore pubblicata a lato, sono indicate anche la nebulosa Messier 43, a sinistra di Messier 42 e separata da questa solo da una serie di nebulose oscure; si identifica poi, ancora più a sinistra, la Running Man Nebula, composta dalle nebulose catalogate come NGC 1975 e NGC 1977; infine, dalla parte opposta a destra, l'ammasso stellare con nebulosa associata NGC 1980.


28/08/2020
Telescopio Rifrattore Acromatico SkyWatcher Startravel 120, 120mm diametro e lunghezza focale 600 (f/5).
Montatura Vixen Super-Polaris
Fotocamera Canon EOS 2000D, esposizione complessiva di 10 minuti a 3200 ISO.
(foto Massimo Dionisi)







Tutti questi oggetti fanno parte del Complesso Molecolare di Orione, una vasta regione di spazio interstellare che arriva a coprire diverse centinaia di anni luce ed è una delle più importanti sedi di formazione stellare conosciute. Messier 43 è praticamente parte integrante di M42, costituita da una nebulosa a riflessione ed una ad emissione e al suo interno si trova un giovane ammasso stellare. La Running Man Nebula, chiamata in questo modo perché la sagoma delle nubi oscure pare ricordare la forma stilizzata di un uomo che corre, contiene a sua volta un altro ammasso stellare. L'intera struttura è composta ancora una volta da nebulose a riflessione e in emissione, eccitate dalle numerose stelle giganti presenti in zona; in particolare dalla stella gigante blu 42 C Orionis, di cui si perlerà nel seguito. NGC 1980, è ancora un giovane ammasso di stelle giganti blu e bianche, leggermente velato dalla tenue nebulosità dovuta alla materia interstellare facente parte del Complesso Molecolare di Orione.


Mappa della costellazione di Orione con evidenziate tutte le strutture, stellari e nebulari, del Complesso Molecolare
(Immagine da Wikipedia)





Come accennato sono almeno 700 le zone della Nebulosa di Orione interessate dai processi di formazione stellare: questo rende M42 la più grande "nursery stellare" conosciuta, una vera e propria fucina di stelle, dove gli agglomerati di gas e polveri interstellari si condensano a causa della loro stessa gravità. Nel momento che la pressione gravitazionale aumenta, questi si riscaldano sempre di più: in pratica l'energia potenziale gravitazionale si converte in energia termica e quando la temperatura al centro della condensazione raggiunge un certo valore critico, si innescano le prime reazioni di fusione nucleare, dove quattro nuclei di idrogeno ionizzato (protoni) si fondono per creare un atomo di elio. La differenza di massa tra la somma dei quattro protoni iniziali ed il nucleo di elio finale viene convertita in energia; questa energia "accende" letteralmente la neonata stella e va a bilanciare la pressione gravitazionale. La stella entra quindi in uno stato di equilibrio dove l'energia derivata dalla fusione nucleare bilancia quella gravitazionale, che tenderebbe a comprimerla ulteriormente.
Una volta formate, le stelle più massiccie, bianche e azzurre, emettono una grande quantità di radiazioni e particelle cariche, quello che viene chiamato vento stellare: l'effetto di questo flusso radiattivo è quello di compattare i gas all'interno della nebulosa, in quanto si crea una vera e propria onda d'urto; il fenomeno agevola quindi la formazione di nuove condensazioni protostellari, con un meccanismo che coinvolgerà nel tempo l'intera nebulosa.





In alto la rappresentazione schematica dei processi di fusione nucleare che avviene all'interno di stelle con una massa paragonabile a quella del Sole. A sinistra un tipo di reazione chiamata protone-protone(P-P)La reazione protone-protone è un processo di reazione nucleare che trasforma i nuclei di idrogeno, ovvero i protoni, in nuclei di elio. Il processo fu ipotizzato nel 1939 dal fisico e astronomo tedesco Hans Albrecht Bethe e rappresenta la sorgente di energia principale per la maggior parte delle stelle dell'universo, compreso il Sole nel quale questa catena è il processo predominante. che richiede energie di innesco molto elevate (almeno 14 milioni di K), senz'altro inferiori però a quelle richieste da altri processi, che viceversa avvengono in maniera predominante in stelle molto più massiccie della nostra stella, come ad esempio il Ciclo Carbonio-Azoto-Ossigeno (CNO)Il ciclo del carbonio-azoto-ossigeno, detto anche ciclo CNO, o ciclo di Bethe, è una delle due più comuni serie di reazioni nucleari che avvengono all'interno delle stelle, insieme alla catena protone-protone. I modelli teorici prevedono che il ciclo CNO sia la principale sorgente di energia per le stelle con masse almeno del 20% più massicce del Sole, mentre la catena protone-protone è dominante per le stelle più piccole. Fu scoperto nel 1938 da Hans Bethe e, in maniera indipendente, da Carl Friedrich von Weizsacker..





img/nebula/

Con esposizioni multiple di 10 minuti ognuna e una particolare elaborazione software, è possibile ottenere una immagine di Messier 42 abbastanza bilanciata, dove la parte centrale non risulta eccessivamente sovraesposta e, nello stesso tempo, le regioni periferiche possano apparire comunque visibili.
Nel cuore di M42 si trova un giovane ammasso aperto chiamato Trapezio, dalla disposizione delle quattro stelle principali che lo compongono. Il Trapezio potrebbe fare parte del Grande Ammasso di Orione, un'associazione stellare che dovrebbe contare almeno duemila stelle sparse in un'area di almeno 20 anni luce. Da questa regione di spazio, circa due milioni di anni fa, furono forse espulse tre stelle che ora si trovano molto distanti e che viaggiano ad una velocità record di 100 km al secondo, in direzioni diverse ma tutte opposte all'ammasso: AE Aurigae, 53 Arietis e μ (mu) Columbae; insieme sono anche chiamate Runaway Stars.
Non si conoscono le cause che possono aver generato l'espulsione violenta di queste tre stelle dalla zona del Trapezio; l'ipotesi dell'esplosione di una Supernova all'interno di un sistema multiplo di stelle sembra essere una delle ipotesi più accreditate.


09/10/2019 00:08 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)






18/10/2021 01:25 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro     #      Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 50 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







La nebulosa era stata riconosciuta come tale fin dal 1610, grazie a Nicolas-Claude Fabri de Peiresc(1580 - 1637) Astronomo, botanico e numismatico francese; studioso di molte discipline, mantenne sempre una copiosa corrispondenza con molti altri scienziati; fu anche uno dei primi a organizzare con successo alcune tra le prime spedizioni di ricerca scientifica. Tra i suoi molteplici studi, si impegnò per molti anni nel determinare la differenza in longitudine tra varie località in Europa, intorno al Mediterraneo e nell'Africa del Nord anche se, date le sue dimensioni apparenti e la sua luminosità, era certamente conosciuta anche in epoche antiche. Tolomeo(100 -168) Astronomo, astrologo e geografo greco, vissuto all'epoca dell'Impero Romano ad Alessandria d'Egitto, alora appartenente alla Prefettura d'Egitto dell'Impero. Autore di importanti opere scientifiche, la principale è stata sicuramente il trattato astronomico noto come Almagesto la identificava come una stella della spada di Orione, di terza magnitudine.
Un racconto popolare di origine Maya attribuisce all'area della costellazione di Orione il nome di Xibalba, ovvero l'oltretomba o l'aldilà; al suo centro si trovava una macchia infuocata, corrispondente proprio alla Nebulosa di Orione. È quindi chiaro che anche le popolazioni Maya, pur non possedendo telescopi, avevano notato che questo oggetto aveva caratteristiche del tutto differenti da quelle delle normali stelle. Stranamente però non ci sono altre particolari citazioni circa la sua nebulosità fino proprio al XVII secolo: sia il già citato Tolomeo che Al Sufi(903 - 986) nome completo Abd al-Rahman al-Sufi è stato un astronomo persiano che lavorò come astronomo di corte dell'Emiro della dinastia sciita buwayhide Adud al-Dawla a Isfahan e per lui costruì un planisfero celeste in argento. È stato il primo ad aver catalogato la Galassia di Andromeda, appena visibile ad occhio nudo, descrivendola come una "piccola nube", pur senza riconoscerne la vera natura. Fu anche autore di un importante trattato sulle cosiddette "stelle fisse" in accordo con gli studi astronomici sviluppati dopo Claudio Tolomeo. ne fanno mai menzione mentre, al contrario, vengono descritti da entrambi altri oggetti celesti aventi caratteristiche apparenti abbastanza simili. Ancora più stranamente nemmeno Galileo Galilei 15/02/1564 - 08/01/1642 Astronomo, fisico, matematico e filosofo, considerato il padre della scienza moderna e fondatore del metodo scientifico. Fu il primo ad esplorare il cielo con un piccolo cannocchiale da lui stesso costruito. Scoprì la struttura della superficie lunare, le macchie solari, le fasi di Venere ed i quattro principali satelliti di Giove, chiamati oggi galileiani. Fu un fondamentale e determinate sostenitore del modello Copernicano del Sistema Solare. la cita nei suoi appunti astronomici, anche se la regione di cielo da lui esaminata tra il 1610 e il 1617 con il suo cannocchiale comprendeva anche la costellazione di Orione.
Il primo a darne menzione fu il suddetto Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, venne poi riscoperta in maniera indipendente prima da Christiaan Huygens (1629 - 1695) Matematico, astronomo e fisico olandese, uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica. Scopritore della maggiore luna di Saturno, Titano, teorizzò anche per primo che gli anelli di Saturno fossero un anello sottile e piatto, non collegato al pianeta, inclinato rispetto all'eclittica. Huygens pose le basi per il calcolo infinitesimale, sviluppato in seguito da Leibniz e Newton e formulò ipotesi circa la natura ondulatoria della luce. nel 1655 e in seguito, nel 1769, da Charles Messier che la incluse nel suo famoso catalogo.




A fianco ritratto di Claudio Tolomeo, dipinto all'incirca nel 1476. In basso sono rappresentati i ritratti, in ordine da sinistra a destra, di Galileo Galilei, Christiaan Huygens e Charles Messier.
(Immagini da Wikipedia)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 42, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo di Messier.

La stessa carta può essere usata anche per rintracciare l'adicente nebulosa Messier 43 e il complesso nebulare denominato Running Man Nebula descritto nel seguito.






NGC 1975 & NGC 1977 ORI
(RUNNING MAN NEBULA)

 

img/nebula/

A pochissima distanza da Messier 42 e Messier 43, indirezione nord, si trova questo complesso di nebulose che appaiono separate le une dalle altre da alcune nebulose oscure a loro sovrapposte. L'intero sistema di nebulose non solo riflette la luce di alcune stelle blu che si trovano sia nelle vicinanze sia in loro immerse ma i gas di cui sono composti emettono anche radiazione per proprio conto, sempre in conseguenza dell'eccitazione dovuta al potente flusso di radiazioni delle medesime stelle.
La principale responsabile della luminosità di NGC 1977 è la stella gigante blu 42 C Orionis, ma anche la gigante gialla 45 Orionis fornisce il suo contributo. Per la nebulosa NGC 1973 la fonte di illuminazione ` invece la stella variabile irregolare KX Orionis. L'intero gruppo si trova a circa 1.500 anni luce dal nostro pianeta e si estende nello spazio per poco più di 10 anni luce, considerando tutte e tre le principali nebulose insieme. L'intera regione, analogalmente alla vicinissima Messier 42, è interessata a fenomeni di formazione stellare.


24/01/2022 19:33 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







BARNARD 33 (B33) ORI
(HORSEHEAD NEBULA)

 

img/nebula/

Distante circa 1.500 anni-luce, questa meravigliosa nebulosa si trova a pochissima distanza dalla stella Zeta Orionis (Alnitak), quella più ad est della cintura di Orione. È probabilmente una delle nebulose più famose di tutto il cielo anche se è praticamente non osservabile visualmente. Può essere infatti identificata solo attraverso le riprese fotografiche, come infatti avvenne per la sua scoperta, ad opera di Williamina Fleming(1857 - 1911) Astronoma britannica naturalizzata statunitense. Abbandonata dal marito mentre era incinta del suo primo e unico figlio, trovò lavoro come cameriera presso l'astronomo Edward Charles Pickering che poi la assunse come impiegata presso l'osservatorio del Harvard College. Svolse un ruolo fondamentale nel lavoro di classificazione spettrale delle stelle e, in nove anni, riuscì a catalogare oltre 10.000 stelle, scoprendo contemporaneamente 59 nebulose, oltre 310 stelle variabili e 10 novae; nel 1907 pubblicò un catalogo di 222 stelle variabili da lei scoperte. nel 1888 esaminando alcune lastre fotografice dell'Osservatorio di Harvard. Chiamata, per via della sua forma, Nebulosa Testa di Cavallo, è una nebulosa oscura, ovvero formata principalmente di polveri interstellari, che assorbe la luce delle stelle retrostanti, occultandole. È visibile per contrasto con la nebulosa IC 434, che gli si trova prospetticamente alle spalle e che è una nebulosa a emissione, formata principalmente da idrogeno ionizzato, da cui il caratteristico colore rossastro.
Con una massa corrispondete a circa 27 volte quella del nostro Sole, la nebulosa Barnard 33 è in una fase evolutiva che la porterà a disgregarsi completamente in pochi milioni di anni, generando probabilmente un oggetto chiamato Globulo di Bok che rappresenta una delle fasi iniziali che porta alla formazione di nuove stelle.
A circa 0.3 gradi ad est si trova NGC 2023, nebulosa diffusa illuminata dalla stella HD 37903 di magnitudine 7.8; poco più a nord, a fianco della stella Alinitak (ζ Orionis), si trova NGC 2024, chiamata anche Nebulosa Fiamma (Flame Nebula).


18/11/2020 21:44 UT
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)






18/10/2021 01:25 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro     #      Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)












NGC 2359 CMA
(THOR HELMET NEBULA)

 



Situata all'interno dei confini della costellazione del Cane Maggiore (Canis Major), questa nebulosa viene anche chiamata Nebulosa Elmo di Thor (Thor's Helmet) per via della sua caratteristica forma evidente nelle fotografie a media e lunga esposizione. Distante circa 12.000 anni lyce dalla Terra, si estende nello spazio interstellare per circa 30 anni luce; al suo centro si trova una luminosa e caldissima stella Wolf-Rayet Le stelle Wolf-Rayet sono degli oggetti estremamente rari e se ne conoscono poche centinaia. Dotate di una massa almeno venti volte superiore a quella del Sole, sono stelle in avanzata fase evolutiva di colore bianco-azzurro ed estremamente calde, la loro temperatura superficiale va dai 30.000 fino ai 200.000 Kelvin. Sebbene siano piuttosto luminose, emettono la maggior parte della loro radiazione nel dominio dell'ultravioletto e dei raggi X. che la illumina e le cui radiazioni ultraviolette eccitano l'idrogeno presente nella nebulosa rendendolo luminescente. Questa stella, avente numero di catalogo HD 56925, ha una magnitudine apparente di 10.4m e sembra che sia anche la responsabile della formazione della nebulosa, i cui gas sarebbero stati espulsi proprio dalla stella stessa.

Rintracciare questa nebulosa è abbastanza difficile, in quanto non ci sono stelle molto luminose nelle sue immediate vicinanze: inoltre l'oggetto è troppo debole per poter essere osservato visualmente con dei binocoli e bisogna ricorrere ad almeno un telescopio newtoniano da 15 centimetri di diametro e di un cielo molto buio per poter essere rintracciato senza l'ausilio di camere fotografiche.


24/01/2022 20:40 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 30 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa NGC 2359 come pubblicata sul sito dell' ESO (European Southern Observatory). La posizione della nebulosa è indicata dal cerchio tratteggiato rosso.






NGC 2237 MON
(ROSETTA NEBULA)

 



Chiamata anche Nebulosa Rosetta, NGC 2237 si trova ad una distanza di circa 5.200 anni luce dalla Terra e si estende nello spazio interstellare per circa 100 anni luce; le sue dimensioni angolari, viste dal nostro pianeta, sono pari a 1.3° cioè quasi tre volte le dimensioni della Luna Piena vista a occhio nudo. Nella parte centrale della nebulosa è presente l'ammasso aperto NGC 2244 le cui stelle blu-bianche che ne fanno parte emettono una grande quantità di potenti radiazioni elettromagnetiche che eccitano i gas, principalmente idrogeno, della nebulosa stessa e li rendeno luminosi con la tipica colorazione rossastra.
La pressione di radiazione esercitata dal vento stellare, proveniente dalle massiccie stelle dell'ammasso centrale, provvede anche a creare una compressione nei gas e nelle polveri interstellari, con il conseguente innesco dei processi iniziali della formazione stellare. Si creano quindi delle condensazioni di materiale che poi si trasformeranno in stelle neonate. La nebulosa si trova all'interno dei confini della costellazione dell'Unicorno (Monoceros), non lontano dalla costellazione di Orione.


19/11/2020 00:52 UT
Telescopio rifrattore Skywatcher Startravel 120, diametro 120mm e lunghezza focale 600mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)






L'ammasso NGC 2244 ha la sua origine proprio dalla nebulosa e le stelle che ne fanno parte possono quindi essere considerate figlie dei gas che la compongono; una volta che le protostelle hanno iniziato i processi di fusione nucleare nei loro nuclei e sono divenute stelle vere e proprie, esse hanno iniziato ad emettere quello che viene chiamato vento stellareFlusso di gas che può essere elettricamente neutro oppure elettricamente carico e che viene emesso dall'atmosfera superiore di una stella. I venti stellari non si propagano uniformemente secondo una simmetria sferica e sono responsabili di una perdita di massa da parte delle stelle. che ha gradualmente spazzato via il residuo della nebulosa da cui si sono generate. L'ammasso è piuttosto giovane, al massimo un milione di anni di età, per cui solo la parte centrale della nebulosa è stata solo parzialmente ripulita da gas e polveri; con il tempo e con il formarsi di altre nuove stelle, l'intera nebulosa potrebbe progressivamente scomparire. La bolla priva di nebulosità della parte centrale fece apparire la nebulosa simile a una rosa nelle prime immagini fotografiche, da cui il nome.

è stato per lungo tempo ritenuto che lo scopritore dell'ammasso all'interno della nebulosa fosse stato John Flamsteed, in realtàegli annotò la posizione della stella 12 Monocerotis che, sebbene si trovi a brevissima distanza angolare dall'ammasso, non vi appartiene. Fu invece William Herschel, nel 1784, ad identificare con estrema chiarezza l'ammasso associato alla nebulosa, sebbene né lui, né il figlio John Herschel, fecero menzione della vasta nebulosa associata. Charles Messier osservò sicuramente quella zona di cielo, tuttavia nemmeno lui la riportò nei propri appunti; probabilmente questo fatto va ricondotto alle originali intenzioni di Messier nella compilazione del suo catalogo: questa nebulosa non poteva certo essere scambiata per una cometa, per cui anche se riuscì a osservala non fu minimamente interessato riportala nei suoi elenchi.
Il primo sicuramente a identificarla come nebulosa fu l'astronomo tedesco Albert Marth(1828 - 1897) Astronomo tedesco che lavorò in Inghilterra alle dipendenze di un ricco mercante di vino mecenate dell'astronomia, George Bishop; in seguito lavorò come assistente di William Lassell a Malta, scoprendo circa seicento nebulose e terminò la sua carriera in Irlanda, al Markree Observatory. Realizzò effemeridi estremamente precise di vari corpi del sistema solare e calcolò il transito di vari pianeti da altri pianeti, prevedendo per esempio il transito della Terra da Marte. Un cratere sulla Luna è stato intitolato in suo onore nel 1864, scoprendo una debole stellina circondata da una nebulosità. Fu solo però negli anni novanta del XIX secolo che l'astronomo americano Edward Emerson Barnard(1857 - 1923) Astronomo americano, uno dei profilici e dotati tra gli osservatori visuali. Nato da una famiglia povera non potè seguire regolari studi universitari, tuttavia riuscì a scoprire ben otto comete e fu assunto presso l'Osservatorio Lick in California. Nel 1892 scoprì la luna di Giove Amaltea, la prima dal 1610 dopo i quattro satelliti scoperti da Galileo e compì studi sulle Novae e sulla distribuzuone delle nebulose oscure nella galassia. Pioniere anche nel campo della fotografia, catalogò ben 366 nebulose oscure: per esempio Barnard 33 (B33) è la Nebulosa Testa di Cavallo. riuscì a identificare l'intera nebulosa utilizzando un telescopio da 30 centimetri di diametro.


22/01/2022 21:18 UT
Telescopio Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5) Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 210 minuti (3 ore e mezza) a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)





img/nebula/

In questa immagine, ripresa a una risoluzione maggiore grazie a un telescopio di due metri di focale equivalente, sono visualizzate delle etichette attivate con il passaggio del mouse sopra la foto; esse identificano alcuni particolari oggetti: le stelle con numero di catalogo HD 46150 e HD 46223, tra le prime responsabili dell'eccitazione dei gas che compongono la nebulosa e si tratta di due giovani stelle giganti blu. Il cerchio identifica invece la posizione di due altri oggetti molto particolari, chiamati Rosette HH1 e Rosette HH2: non direttamente visibili nella foto, a causa della poca potenza dello strumento usato, sono definiti come Oggetti Herbig-Haro dal nome dei due astronomi che per primi li studiarono in maniera approfondita, nella seconda metà del secolo scorso.


25/12/2019 22:19 UT
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 30 minuti a BIN 1x1, filtro UHC
(foto Massimo Dionisi)







Gli oggetti Herbig-Haro sono getti di plasma ad altissima temperatura espulsi durante le prime fasi dell'evoluzione stellare dai poli di stelle neonate, che viaggiano a velocità supersoniche e che vanno a urtare nubi di gas e polveri interstellari molto più densi; le onde d'urto generate dalla collisione eccitano i gas della nebulosa che diventano luminosi. Gli Herbig-Haro sono quindi nebulose ad emissione, localizzate nei pressi di stelle neonate: i getti di plasma sono altamente collimati e confinati in coni sottili che si dipartono dai poli della stella, si estendono per diverse centinaia di milioni di km e mostrano evoluzioni sostanziali nell'arco di pochi anni. Si tratta di fenomeni transitori nella vita di una stella, della durata di qualche decina o al massimo poche centinaia di migliaia di anni.
Gli oggetti della Nebulosa Rosetta, HH1 e HH2 sono immersi in una zona satura di radiazioni ultraviolette che tenderebbe a farli dissipare entro breve tempo, inoltre almeno uno di loro è influenzato dalla radiazione emessa la vicina stella HD 46223.


A sinistra: la struttura schematica di un oggetto di Herbig-Haro; immagine da Wikipedia.








La cartina di riferimento per rintracciare NGC 2237 nel cielo è disponibile presso il sito The SkyLive.





NGC 2264 MON
(CONE NEBULA AND CHRISTMAS TREE CLUSTER)

 



NGC 2264 è il numero di catalogo che identifica contemporaneamente sia un ammasso stellare aperto, chiamato anche Ammasso dell'Albero di Natale (Christmas Tree Cluster) sia una nebulosa oscura chiamata Nebulosa Cono (Cone Nebula). In realtà ci si può riferire a NGC 2664 come all'intero complesso nebulare di cui fanno parte sia l'ammasso che la nebulosa, che rappresenta la parte più meridionale del sistema.
Nell'immagine a lato, ripresa dall'autore la notte del 25 gennaio 2022, l'intero sistema si presenta coricato su un lato, con il nord a sinistra: l'ammasso stellare si estende da sinistra a destra e la disposzione delle sue stelle principali ricorda effettivamente un albero di natale illuminato, considerando la base a nord e identificandola con la stella più luminosa del gruppo, S Monoceritos, e la punta quasi sovrapposta alla nebulosa oscura a forma di cono. Quest'ultima è composta prevalentemente di polveri interstellari che si staglia sovrapponendosi a una vasta nebulosa diffusa in emissione, composta questa principalmente da idrogeno che viene ionizzato dalle stelle circostanti. La nebulosa diffusa copre poi l'intera regione dell'ammasso stellare. La distanza dell'intero sistema è di circa 2.450 anni luce dal nostro pianeta.
La citata luminosa stella S Monocerotis è una stella binaria le cui due componenti sono due supergiganti blu-bianche che orbitano una introno all'altra in 74 anni; le masse delle due componenti sono molte elevate, rispettivamente 36 e 21 volte quella del nostro Sole. Una delle due è anche leggermente variabile con un periodo irregolare e di un tipo poco noto, con variazioni inferiori al decimo di magnitudine.
Ben difficilmente questa nebulosa potrà essere visibile visualmente, anche utilizzando grossi telescopi; molto più facile che possa essere rintracciata fotograficamente.


25/01/2022 21:31 UT
Telescopio Newton Skywatcher diametro 250mm, lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 120 minuti complessivi di esposizione (2 ore) a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa e l'ammasso NGC 2264, dal sito Sky Live






PK 217+14.1 CMI
(ABELL 24 PLANETARY NEBULA)

 



Localizzata nella costellazione del Cane Minore, è una nebulosa planetaria, ovvero il residuo di una esplosione stellare, piuttosto debole in luminosità, con una magnitudine di circa 13.5 ma di dimensioni ragguardevoli, pari a circa 7 primi d'arco. Chiamata anche Abell 24, la nebulosa appare di un rosso marcato per via dell'idrogeno ionizzato di cui è principalmente composta, anche se non mancano azoto ed ossigeno. La sua distanza dal nostro pianeta è stimata intorno ai 2.200 anni luce.
Per identificarla visualmente è necessario, oltre ad un cielo molto buio, anche un telescopio di almeno 250mm di diametro; fotograficamente è anche con strumenti di diametro inferiore. In alto, di colore rossastro, è visibile la stella BC Canis Minoris, una variabile semiregolare con fluttuazioni luminose dalla magnitudine 6.1 alla 6.4 in circa 35 giorni.


31/01/2023 UT
Telescopio Skywatcher Newton diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6-R
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva di 120 minuti (2 ore) a BIN 1x1, filtro L-eEnhance Optolong.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa planetaria Abell 24, dal sito Deep Sky Corner






NGC 7293 AQR
(HELIX NEBULA)

 



Chiamata popolarmente Nebulosa ad Elica (Helix Nebula), è stata anche soprannominata Eye of God (Occhio di Dio) oppure, più recentemente e in seguito a una serie di fortunati film di ispirazione fantasy, Eye of Sauron; si tratta di una vasta nebulosa planetaria che si trova nella costellazione dell'Acquario, posta a circa 650 anni luce dalla Terra. Con una estensione apparente di circa un terzo quello della Luna Piena vista a occhio nudo, ha in realtà un diametro di circa 2.5 anni luce; come estensione, caratteristiche fisiche ed età appare molto simile alla Dumbell Nebula (Nebulosa Manubrio, Messier 27) nella costellazione della Volpetta, mentre visivamente appare quasi analoga alla Ring Nebula (Nebulosa Anello, Messier 57) nella Lyra ed alla Cat's Eye Nebula (Nebulosa Occhio di Gatto) nel Drago. Come negli altri casi questa nebulosa planetaria è il residuo di una violenta esplosione stellare, una Nova come viene chiamata in astronomia.


31/07/2022 02:25 UT
Telescopio Newton Skywatcher diametro 250mm e lunghezza focale 1200mm (f/5)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 50 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)





Come le Supernovae, le Novae sono eventi catastrofici che coinvolgono la struttura stessa di una stella ma, al contrario delle prime, sono più limitate, in quanto vengono espulsi nello spazio sono gli strati più esterni della stella stessa e non coinvolgono, se non indirettamente, la parti centrali. In realtà la differenza tra i due tipi di evento sono più profonde, perché coinvolgono stelle di massa molto diverse: le Supernovae sono esplosioni che interessano stelle molto massiccie (da dieci volte e oltre maggiori rispetto a quella solare), le Novae sono invece generate da stelle paragonabili al nostro Sole. Anche il destino di quello che rimane della stella sarà molto diverso: nel caso di una Supernova avremo o una stella di neutroni o, nei casi estremi, un buco nero; viceversa quello che rimane dopo una Nova è una nana bianca.






Quando una stella termina quella parte della sua vita in cui ha elargito luce ed calore in maniera tranquilla e misurata, forse dispensandola ad un corteo di pianeti che la accompagna, iniziano a verificarsi dei pericolosi squilibri che metteno a serio repentaglio la sua stabilità. Gli eventi precipitano quando tutto l'idrogeno contenuto nel suo nucleo termina perché completamente trasformato in elio dalle reazioni termonucleari; la sfortuna stella comincia a diventare instabile e la sua parte interna si contrae, aumentando incredibilmente la temperatura, tanto che iniziano dei processi di fusione nucleare che trasformavano l'elio in elementi più pesanti, come il carbonio. Intanto le parti più esterne, compresa la sua atmosfera, si espandono e il diametro aumenta considerevolmente. Questo nuovo, abnorme, oggetto celeste altro non è che una gigante rossa: i suoi pianeti, ammesso che fossero mai esistiti e che le orbitavano intorno, vengono tutti consumati, inghiottiti nella fornace rovente dell’atmosfera della gigante rossa e bombardati da flussi di radiazioni in grado di strappare via ogni brandello di atmosfera e cancellare ogni possibilità di vita.


Il processo di formazione del carbonio all'interno di una stella nelle fasi finali della sua evoluzione. Grazie all'elevatissima temperatura nel centro della stella, i nuclei di elio si fondono per formare berillio, che però è altamente instabile. Un’ulteriore fusione con atomi di elio produce alla fine carbonio stabile. L'intero processo viene chiamato "triplo alpha"
(immagine tratta da Wikipedia Creative Commons)







La produzione di energia all'interno della stella proviene ora da ben due fonti: una dal nucleo, dove l'elio si trasforma in carbonio, e dalle zone immediatamente circostanti, dove l'idrogeno residuo continua a trasformarsi in elio. La fine però è ormai prossima: la massa della stella non può infatti sostenere ulteriori processi termonucleari e si creano fortissime instabilità interne che possono condurre anche a pulsazioni irregolari dell'intera struttura stellare. Nel momento in cui la produzione di energia nel nucleo stellare cessa con l'elio trasformato in carbonio, e forse anche una piccola parte in ossigeno, tutta la materia cadde letteralmente su proprio peso, con gli elettroni che si addensano per creare uno strano stato degenerato della materia. Il nucleo quindi si "raggrinzisce" letteralemente, compattandosi in un oggetto caldissimo e molto piccolo, avente le dimensioni più o meno della Terra e una massa pari all'incirca a quella del Sole: un oggetto superdenso con una temperatura superficiale di 100.000 gradi, fonte di emissioni di potenti raggi X e visibile come una debole stellina.


Struttura interna di una gigante o supergigante rossa nelle ultime fasi dell'evoluzione stellare.







Nel contempo però le parti più esterne della stella subiscono un violentissimo processo di espulsione verso l'esterno, una vera e propria esplosione. La sua atmosfera viene proiettata ad altissima velocità nello spazio interstellare a causa dell'esplosione dell'involucro di idrogeno che circonda il nucleo e che si stava trasformando in elio con le reazioni termonucleari.


Struttura interna di una nana bianca con una superficie caldissima e un nucleo di carbonio e ossigeno ma in forma degenerata, con gli elettroni super compressi dalla fortissima gravità. L'aspetto di questo nucleo potrebbe quasi ricordare quello di un cristallo.






Nel caso della Helix Nebula troviamo al suo centro una piccola stella che si avvia a diventare una nana bianca, con una temperatura superficiale di circa 100.000 gradi (il Sole sulla superficie ha una temperatura di 6.000 gradi) e una forte emissione di raggi X. Questa stella è quella da cui si è generata la nebulosa in seguito alla catastrofica esplosione in Nova avvenuta, molto probabilmente 10.600 anni fa: possiamo immaginare quell'epoca remota, in cui i nostri antenati si stavano diffondendo in un continente europeo ancora parzialmente prigioniero dalla gelida morsa dell'ultima glaciazione. Popoli di cacciatori nomadi che stavano imparando l'uso del fuoco e dei primi rudimentali attrezzi e che, nello stesso tempo, cominciavano a sfruttare altre risorse della terra come la raccolta di erbe e radici e a sviluppare i primi rudimenti della pesca. Stavano, insomma, ponendo le basi per i primi insediamenti stanziali, abbandonando la vita nomade, preludio all'invenzione dell'agricoltura, pietra miliare e svolta fondamentale nella storia dell'umanità. L'epoca è quella del Paleolitico e la stella in fase di esplosione deve aver brillato molto luminosa in quei cieli, illuminando quelle gelide notti; Non sappiamo se e quali emozioni suscitò nei nostri antenati la visione di quella luce abbagliante nel cielo, che brillò sicuramente per diversi giorni più di Venere e che probabilmente rivaleggiò con la luminosità della Luna stessa. Ci è completamente sconosciuto il fatto se furono tratti auspici favorevoli oppure nefasti da quell'evento e nemmeno se influenzò in qualche modo la semplice e difficile vita quotidiana delle tribù; sicuramente fu talmente evidente da essere notata e ricordata a lungo, tramandata oralmente di generazione in generazione attraverso i tempi, in un mondo che avrebbe inventato la scrittura solo diverse migliaia di anni più tardi.
All'interno della nebulosa sono state trovati circa 20.000 condensazioni nebulari, chiamate noduli cometari per via del loro aspetto, ognuno avente dimensioni paragonabili al nostro sistema solare.


Ricostruzione del possibile aspetto del cielo di una notte estiva di circa 10.000 anni fa, nel periodo Paleolitico. Poco sopra la stella Fomalhaut, nella costellazione del Pesce Australe, si "accese" nel cielo una stella brillantissima.







Carta di riferimento per la nebulosa NGC 7293, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo NGC.











MESSIER 57 (M57) LYR - NGC 6720
(RING NEBULA)

 



La Nebulosa ad Anello, come viene anche chiamata Messier 57, è uno degli oggetti più famosi di tutto il cielo. Si tratta del prototipo riconosciuto delle Nebulose PlanetarieUna nebulosa planetaria è una nebulosa a emissione costituita da un involucro incandescente di gas ionizzato in espansione, espulso durante la fase esplosiva delle stelle giganti nella fase finale della loro vita. Il termine fu coniato da William Herschel nel 1780 e non è certamente molto appropriato, in quanto nulla hanno a che vedere con i pianeti: si tratta solo di una similitudine indotta dall'apparenza visiva attraverso i telescopi dell'epoca. denominate in quel modo perchè, nelle prime osservazioni fatte dagli astronomi nel XVII secolo, sembravano ricordare piccoli dischi planetari. Solo in tempi recenti è stata scoperta la loro reale natura di residui di esplosione stellare, come le Novae e le Supernovae.
Le più recenti osservazioni di Messier 57 pongono questo oggetto ad una distanza di 2.300 anni luce dalla Terra, in questo modo è possibile calcolare il diametro effettivo dell'anello gassoso, pari a 2.4 anni luce. La nebulosa si trova ancora in fase di espansione dal suo centro, dove è localizzata una piccola stella nana bianca; in base alle misurazioni sulla velocità di espansione del gas, è anche possibile calcolare che la stella centrale esplose circa 8.000 anni fa. I diversi colori che possono essere osservati in Messier 57 corrispondono a elementi chimici che sono eccitati dalle radiazioni provenienti dalla piccola e caldissima stella centrale; il colore blu è dovuto alla presenza di ossigeno ionizzato, mentre il colore rosso deriva dall'idrogeno ionizzato.
Fino a tempi abbastanza recenti, gli astronomi pensavano che l'aspetto reale della nebulosa fosse una sfera e che noi potevamo osservare solo la sezione circolare dell'intero oggetto; osservazioni più recenti hanno invece mostrato che Messier 57 è davvero un anello e che noi possiamo ammirarlo nella sua completa estensione solo perchè il nostro pianeta è sulla direzione di uno dei poli della stella che lo ha creato. In altre parole il suo aspetto è solo una banale questione di fortuna.


22/04/2017
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD ATIK 16 IC, esposizione 10 minuti a BIN 1x1.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa Messier 57, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo NGC.






NGC 6751 AQL

 



Nella costellazione dell'Aquila, a circa 6.500 anni luce dalla Terra, si trova questa piccola nebulosa planetaria, residuo dell'esplosione di una stella, probabilmente una Nova. Le sue dimensioni reali sono di 0.8 anni luce, ` quindi grande quasi l'equivalente di seicento volte l'intero nostro Sistema Solare.
Appare di un intenso colore blu, rappresentative delle regioni della nebulosa a temperatura più elevata; sono presenti anche venature color arancio che rappresentano le zone più fredde ma troppo piccole e meno evidenti per poter essere visibili nella foto riprodotta a lato e scattata dall'autore. La stella centrale, visibile e di magnitudine 13.9, ha una temperatura superficiale di 140.000 K; la sua radiazione è la causa della luminosità della nebulosa.


07/07/2017
Telescopio Schmidt-Cassegrain diametro 200mm e lunghezza focale 2000mm (f/10)
Montatura EQ6 Pro
Camera CCD ATIK 16 IC, esposizione complessiva 30 minuti a BIN 1x1.
(foto Massimo Dionisi)







Carta di riferimento per la nebulosa planetaria NGC 6751 AQL, dal sito Sky Live






NGC 7000 CYG

 



img/nebula/


11/08/2020
Fotocamera Canon EOS 2000D con obiettivo 18-55 (f/5.6), esposizione 4 minuti a 3200 ISO
Montatura Vixen Super-Polaris.
(foto Massimo Dionisi)





In alto la Via Lattea Si tratta della galassia a cui appartiene il nostro sistema solare, è quindi la galassia per eccellenza: il nome deriva dal greco galaxias, etimologicamente correlato alla parola "latte", utilizzato in epoca greca per designarla. In base a studi recenti sembrerebbe che la sua forma sia quella di una spirale barrata. nella direzione della costellazione del Cigno, con evidenziate le stelle Alpha (Deneb) sulla sinistra in alto, Gamma (Sadr) al centro in alto ed Epsilon Cygni sulla destra. Sono ben visibili le nubi di idrogeno ionizzato che si trovano in prossimità di Gamma Cygni, classificate complessivamente con numero di catalogo IC 1318 e le estese Nebulosa Nord America e Nebulosa Pellicano, classificate rispettivamente come NGC 7000 ed IC 5070 e poste leggermente sulla sinistra rispetto al centro dell'immagine.
Le due nebulose fanno parte della medesima nube interstellare, che si estende nel cielo per circa 3 gradi, la loro distanza è stata stimata intorno ai 1.960 anni-luce. Lungo la nostra linea di osservazione, tra noi e le nebulose, è presente una consistente nube di polveri interstellari che oscura parzialmente le stelle e le stesse nebulose: a queste polveri si deve la forma particolare che vediamo assumere a queste due nebulose. Si tratta quindi di diverse nebulose sovrapposte ed interagenti: quelle ad emissione e quelle oscure. Entrambre composte da gas e polveri, le prime vengono eccitate da giovani stelle caldissime che si annidano all'interno delle nebulosità e che quindi rimangono quasi completamente invisibili, le seconde assorbono la luce stellare e ci impediscono di vedere alcune parti retrostanti. All'interno di questo caotico complesso, ci sono evidenze di processi di formazione stellare, con la presenza di stelle giovanissime, aventi un'età non superiore ai tre milioni di anni.






Carta di riferimento per la nebulosa NGC 7000, in formato pdf, come pubblicata su Free Chart Star nella sezione dedicata agli oggetti facenti parte del catalogo NGC.






IC 1318 CYG

 



img/nebula/

La nebulosa IC 1318 che circonda la stella Gamma Cygni e l'ammasso stellare aperto NGC 6910, il tutto proprio nel cuore della costellazione del Cigno.
La stella e la nebulosa non sono collegati tra di loro, in quanto ognuno si trova in una diversa posizione nello spazio: Gamma Cygni si trova a 1.780 anni luce dalla Terra: è una giovanissima stella gigante avente una massa 12 volte quella del Sole ed una luminosità 33.000 volte superiore. La sua età è stata stimata in poco meno di 18 milioni di anni.
La nebulosa IC 1318 si trova molto più lontano da noi, a una distanza di circa 5.500 anni luce. Si tratta di un grande complesso di nubi che si estende ben oltre il campo inquadrato da questa foto e che ingloba un gran numero di altre nebulose. A sua volta essa fa parte del vasto complesso di nubi molecolari del Cigno, una delle strutture più grandi della nostra Galassia.
La distanza dell'ammasso stellare NGC 6910 è invece pari a 3.700 anni luce circa ma in qualche modo appare collegato al complesso nebulare di IC 1318, quindi la sua distanza potrebbe essere soggetta a rivalutazione. La sua età dovrebbe essere tra i 5 e i 10 milioni di anni, quindi estremamente giovane.
La linea luminosa che attraversa la foto in senso trasversale è dovuta al passaggio di un satellite artificiale durante l'esecuzione della ripresa.


25/08/2020
Telescopio Rifrattore Acromatico SkyWatcher Startravel 120, 120mm diametro e lunghezza focale 600 (f/5).
Montatura Vixen Super-Polaris
Fotocamera Canon EOS 2000D, esposizione 4 minuti a 3200 ISO.
(foto Massimo Dionisi)







NGC 6960 CYG
(VEIL NEBULA)

 





La delicata struttura della Nebulosa Velo nella costellazione del Cigno. La luminosa stella al centro dell'inquadratura è 52 Cygni di magnitudine 4.2m.
Si tratta solo di una piccola porzione di una più vasta nebulosa che si estende per almeno tre gradi nel cielo: si manifesta come filamenti separati che si dispongono a formare, approssimativamente, una circonferenza. La sezione inquadrata nell'immagine riprodotta a lato, in una foto eseguita dall'autore, è quella più ad ovest, rendendo conto pero` solo comunque di una parte, classificata come NGC 6960.
L'intero sistema di filamenti nebulari fu scoperto da William Herschel nel 1784 ma nemmeno lui avrebbe mai potuto immaginare che si trattasse di un unico sistema, per questo motivo classificò separatamente ognuna delle nebulose che aveva osservato. La suddivisione rimase anche con la compilazione del New General Catalogue (NGC) tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo e, tutt'oggi, i cataloghi celesti le riportano ognuna separatamente.


07/08/2021 22:13 UT
Telescopio Newton SkyWatcher 250mm diametro e lunghezza focale 1200 (f/5).
Montatura Skywatcher EQ6 Pro (NEQ6)
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)





img/nebula/


01/06/2022 23:55 UT
Telescopio Newton SkyWatcher 250mm diametro e lunghezza focale 1200 (f/5).
Montatura Skywatcher EQ6 Pro (NEQ6)
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 25 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)





NGC 6960 ripresa da un'altra prospettiva ottenuta dall'autore ruotando la camera CCD e ponendo il nord a sinistra: in questo modo è stato possibile riprendere una porzione maggiore di questo particolare ramo della nebulosa.
La distanza dell'intero sistema nebulare non è stata ancora determinata con sufficiente certezza, tuttavia dovrebbe aggirarsi intorno ai 2.400 anni-luce dal nostro pianeta; in questo senso l'intero complesso dovrebbe abbracciare un'area di circa 130 anni-luce.





11/06/2022 23:12 UT
Telescopio Newton SkyWatcher 250mm diametro e lunghezza focale 1200 (f/5).
Montatura Skywatcher EQ6 Pro (NEQ6)
Camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi, esposizione complessiva 60 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.
(foto Massimo Dionisi)





La regione immediatamente a nord di NGC 6960 è chiamata Triangolo di Pickering, dal nome del direttore dell'Osservatorio del Collegio di Harvard agli inizi del XX secolo, Edward Charles Pickering(1846 - 1919) Astronomo e fisico americano, fratello di William Henry Pickering; insieme a Carl Vogel, Pickering scoprì la prima stella binaria spettroscopica. Divenuto direttore dell'Osservatorio di Harvard dove, grazie alle innovative tecniche fotografiche, riuscì a compoere sognificativi progressi nello studio degli spettri stellari. Ad Harvard lavorarono per lui molte donne, tra cui Annie Jump Cannon, Henrietta Swan Leavitt, Antonia Maury e Williamina Fleming. Tutte insieme vennero poi conosciute come "l'harem di Pickering" e fecero numerose scoperte di grande importanza, come la Leavitt che scoprì la relazione periodo luminosità delle Cefeidi. Pickering fu anche uno dei fondatori, nel 1911, dell'AAVSO., anche se la scoperta va attribuita a Williamina Fleming che la individuò nel 1904; putroppo all'epoca le scoperte, specie se erano state effettuate dagli assistenti e ancora di più se si trattava di donne, erano attribuite al direttore dell'Osservatorio.
Talvolta questa regione viene identificata con il numero di catalogo NGC 6979, anche se questa identificazione dovrebbe in realtà riguardare un altro frammento della nebulosa che si trova leggermente più a est.






L'intero sistema di queste meravigliose ed evanescenti ramificazioni nebulari è ciò che rimane dell'esplosione di una stella avvenuta molti millenni fa. Un evento del genere è uno dei più cataclismici dell'universo e viene chiamato Supernova. Ogni singolo filamento si sta ancora espandendo a una velocità di decine di km al secondo; si ritiene che nell'arco di pochi millenni questa meraviglia del cielo scomparirà completamente, dispersa nello spazio interstellare.
Nell'immagine a fianco la parte più orientale del sistema nebulare del Velo del Cigno, composto dalle nebulose denominate NGC6992 e NGC 6995: insieme sono anche chiamate Nebulosa Rete


Collage di diverse foto della sezione orientale della Nebulosa Velo, tutte realizzate con un telescopio Meade Schmidt-Cassegrain da 200mm di diametro e lunghezza focale 2000mm (f/10) su montatura equatoriale EQ6 Pro (NEQ6); camera CCD QHY8L raffreddata a -15 gradi centigradi. Tutte le immagini sono di Massimo Dionisi, nord in alto.

Per la parte settentrionale (NGC 6992):
22/06/2020 21:51 UT
Esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.

Parte centrale (NGC 6995):
22/06/2020 22:34 UT
Esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.

Parte meridionale (NGC 6995):
23/06/2020 21:27 UT
Esposizione complessiva 40 minuti a BIN 1x1, filtro UHC.







L'intero sistema viene anche chiamato Cygnus Loop che comprende, oltre alle nebulose in emissione visibili e composte principalmente da idrogeno ionizzato, anche regioni che emettono onde radio, infrarosso e raggi X e che completano l'intero sistema del Cygnus Loop.


Immagine del Cignus Loop che rappresenta l'intera mappa della regione nebulare della Nebulosa Velo; sono indicate anche la particolare denominazione delle singole nebulose. (Immagine da Wikipedia)







Carta di riferimento per alcune nebulose che arrichiscono la costellazione del Cigno, tra cui anche la Nebulosa Velo (Veil Nebula), come riportata dal sito Astronomy Now











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