Dopo una lunga pausa riprendo a pubblicare articoli sul mio blog di astronomia, prendendo spunto dalle immagini che riesco a riprendere dal mio terrazzo casalingo a Sassari. Complice l’approssimarsi della stagione estiva, stanno sorgendo all’orizzonte tutta una serie di fantastici soggetti per le riprese astrofotografiche: nebulose e ammassi stellari, con la Via Lattea che campeggerà sopra le nostre teste per tutta l’estate. Tra le prime immagini di questa nuova stagione ho sscelto questa della “Nebulosa Trifida” (Messier 20), ripresa lo scorso 20 maggio 2022, sommando una serie di 15 esposizioni da 5 minuti ognuna, per un totale di un’ora e quindici minuti d’integrazione. Il telescopio utilizzato è stato un Newton Skywatcher da 250mm di diametro aperto a f/5 (1.250mm di lunghezza focale), camera CCD QHY8L raffreddata a -15°C, montatura Skywatcher EQ6 Pro, guida con telescopio rifrattore 60/700 e camera CMOS ASI 120MC. Software di acquisizione APT (Astro Photography Tool), software per guida automatica PHD2, elaborazione con Maxim DL4 con cui ho effettuato la calibrazione delle immagini (30 Bias, 20 Dark e 25 Flat); post-produzione con PS. Il tutto rigorosamente dal mio terrazzo casalingo a Sassari, con forti interferenze per il pesante inquinamento luminoso. Spero che il risultato possa piacervi.
Il telescopio Skywatcher 250/1250 (f/5) descritto nell’articolo e utilizzato per riprendere l’immagine della Nebulosa Trifida, come di altre di altre immagini. Al posto dell’oculare, in alto quasi alla sommità del tubo, è visibile anche la camera CCD QHY8L utilizzata per le riprese.
Queste le note squisitamente tecniche; possiamo però poi dire che la Trifid Nebula (Nebulosa Trifida) è uno degli oggetti ”deep-sky” forse più belli di tutto il cielo: è localizzata all’interno della costellazione del Sagittario, regione ricchissima di spettacolari oggetti nebulari che ospita anche il centro della nostra galassia, la Via Lattea. Fu probabilmente identificata per la prima volta dall’astronomo francese Guillaume Le Gentil nel 1747 (forse l’astronomo più sfortunato della storia) e riscoperta indipendentemente dall’altro francese Charles Messier nel 1764, che la incluse nel suo celebre catalogo di oggetti nebulari con il numero 20; comunque Messier riuscì solo a percepire un debole ammasso di stelle, in quanto quella diafana nebulosità era oltre le capacità del suo e della maggior parte degli altri telescopi dell’epoca.
L’ammiraglio e astronomo William Henry Smyth, utilizzando un rifrattore da 15 cm di diametro intorno al 1830, identificò solamente una strana e peculiare “nebbia” che sembrava circondare una stella tripla ma la vera natura della nebulosità non veniva rilevata dal suo telescopio. Al contrario Sir William Herschel, anche prima dell’ammiraglio Smyth ma anche grazie al suo telescopio a riflessione del diametro di un metro e lunghezza focale di 12 metri, riuscì a distinguere chiaramente la nebulosità che sembrava, curiosamente, suddividersi in tre parti distinte separate da delle zone buie. Fu invece molto probabilmente il figlio, John Herschel, il primo ad assegnare a questa nebulosa il nome “Trifid” (Trifida), descrivendola come “una struttura costituita da tre masse nebulose, luminose e di forma irregolare, che si espandono e degradano in splendore verso l’esterno e con una maggiore intensità luminosa ai loro bordi interni, dove racchiudono e circondano una sorta di spaccatura a tre biforcazioni oscure che appaiono come vuote. Una bella stella tripla è situata sul bordo di una di queste masse nebulose, proprio dove la struttura scura interna si biforca in due canali”.
A sinistra ritratto di Sir William Herscel, a destra una rappresentazione del telescopio da lui stesso costruito grazie a una generosa donazione di 4.000 sterline da parte del Re d’Inghilterra Giorgio III. Era lo strumento ottico più grande dell’epoca, con un diametro di 1,20 metri e una lunghezza focale di 12 metri (f/10).
In realtà quello che vediamo è risultato di una sovrapposizione di nebulose a emissione, formate principalmente da idrogeno ionizzato, nebulose a riflessione e nebulose oscure più che altro costituite da polvere interstellare: in particolare quella è la natura delle tre strisce oscure che si possono osservare sovrapposte alla corpo principale della nebulosa e che danno il nome “Trifida” all’intero complesso; la parte a riflessione è quella di colore azzurrino, sita nella parte superiore.
Si trova a una distanza di circa 4.100 anni-luce dalla Terra (altre fonti citano 5.000 anni-luce), all’interno di un braccio di spirale chiamato “Braccio del Sagittario”, immediatamente più interno a quello in cui ci troviamo noi, e si estende nello spazio interstellare per circa 21 anni-luce. La stella tripla già identificata dai primi osservatori del XVIII secolo è probabilmente la fonte principale di ionizzazione delle parti in emissione della nebulosa, quella che con i suoi potentissimi raggi ultravioletti causa l’allontanamento dell’unico elettrone degli atomi dell’idrogeno che compone la maggior parte della nebulosa e che provoca un’emissione di energia che rende luminoso il gas per eccitazione. La stella principale del sistema triplo è identificata con il numero di catalogo HD164492A (HD sta per Henry Draper Catalogue) ed è di tipo spettrale O7, venti volte più massiccia del nostro Sole e di magnitudine apparente 7,2; il sistema triplo appare circondato da un ammasso stellare formato da circa 3.100 giovani stelle.
Visualmente la nebulosa appare estendersi per circa 20′ d’arco nel cielo, un po’ meno delle dimensioni apparenti della Luna Piena vista a occhio nudo: con una notte serena, senza Luna e in assenza di disturbi dovuti a luci artificiali, si può rintracciare anche con l’aiuto di un binocolo 10×50, prendendo come riferimento la stella Gamma Sagittari, che rappresenta la punta della freccia che sta per essere scoccata dall’immaginario centauro della rappresentazione classica, e procedendo in direzione nord per circa otto gradi. Io personalmente l’avevo apprezzata moltissimo visualmente molti anni fa, quando con alcuni amici si andava a osservare sulla cima di Monte Autore e utilizzavo un binocolo un po’ più potente, un 20×80. In ogni caso sarà bene procurarsi una buona carta celeste per essere sicuri della sua identificazione, vista anche la presenza di una quantità di altri oggetti nebulari e ammassi stellari presenti in quella regione di cielo. Con un buon telescopio di medio diametro le peculiari caratteristiche di questa nebulosa cominciano lentamente a esaltarsi. Ancora una volta ciao a tutti e cieli sereni.
Carta Stellare per l’identificazione di Messier 20, dal sito Free Star Charts, in formato PDF